IL TEMPO DELL'IMMAGINE

1970-1974

 

Amadori inizia a dipingere riferendosi ai moduli della Pop Art europea, per buona parte inglese, e mette in ogni sua opera tutto l’entusiasmo ed anche la rabbia che può esprimere un giovane che ha vissuto in pri­ma persona il carico di speranza e di utopia portato dalla rivoluzione culturale del Sessantotto. La parola d’ordine dei suoi primi dipinti e delle sue prime dichiarazioni (que­sto infatti è anche il tempo dei gruppi e dei manifesti d’artista) pare essere proprio «ideologia», nel senso di una possibile, generosa, interpretazione del reale che parte dall’ uomo e dai suoi bisogni, nelle sue rela­zioni con l’ambiente e con gli altri uomini, in una concezione che sta fra la politica e la sociologia, anzi le fonde e le confonde in un unico concetto, in un unico modo di “leggere” il mondo. Nelle prime opere il giovane pittore segue tre direttrici principali. In pri­mo luogo, osserva il quotidiano, anzi i luoghi di culto della società di massa - super­market, autostrade e stazioni di servizio -  e dà loro rappresentazione, bloccando il movimento, il flusso vitale di persone, macchi­ne e cose, per estrapolarne ed evidenziarne quel carattere di omogeneizzazione fino alla banalità che in quegli anni viene riconosciuto come nemico immediato da combattere. In secondo luogo ne svela i meccanismi e ne denuncia la disumanizzazione, atteggian­do ogni figura a sagoma da manifesto pubblicitario e collocando ogni presenza sopra un palcoscenico da “Truman Show» anticipato (allora si sarebbe detto da “Carosello” delle ore 21), ove tutto va bene ma nessuno è felice. Infine, ricrea una realtà artificiale e pur a tutti familiare in cui è l’Automobile - cioè la Macchina per antonomasia di un tempo tecnologico che inizia a correre sempre più in fretta verso questo nostro presente informatico in cui il domani sembra già ieri, ancor prima di delinearsi chiaramente - ad esser protagonista unica dell’immagine. non solo perché tutto pare vivere in funzio­ne sua, ma soprattutto perché in questi di­pinti è l’auto che vive, sente, respira, mentre ciò che la circonda -  uomini e natura - sono solo comprimari, oggetti d’arredamento, figure sullo sfondo (non a caso questa è ancora la stagione d’oro della Science Fiction). Indubbiamente il primo Amadori è molto attento alla lezione del più anziano Dino Boschi, che in quegli anni va dipingendo spiagge vuote, corpi plastificati e ombrelloni abbacinati dal sole, ma le sue spiagge sono viste come sterminati drive-in dal vetro dell’automobile, così come è lo sguardo dell’automobile a vedere parcheggi come angoli di riposo, supermarket come tavole imbandite e cataste di rottami di acciaio e plastica - veri e propri cimiteri di macchine - come “giardini” profumati e silenziosi. Poi, in alcune tele di questo primo tempo dell’immagine, compare una bambina con la sottanina, i calzetti corti e i codini. e questo è sufficiente per rianimare tutto: questa piccola Alice curiosa (la figlioletta Deborah), che sale correndo su per le rampe degli Autogrill e gioca a nascondino tra le carcasse di auto, scopre davanti a sé un mondo gelido e difficile ma lo vive come il luogo dell’avventura, ne oltrepassa la soglia ed ogni cosa riacquista i colori della vita.

Marilena Pasquali

 

Il tempo dell'immagine 1970-1974

Immagini alternative - Palazzo dei Diamanti -  Ferrara

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