SOMNIUM OCCIDENTALE

1980-1985

 

Giuliano Serafini introduce una nuova mostra bolognese di Amadori che si tiene nel marzo 1985 alla Galleria Asinelli. Il suo saggio, come è accaduto nelle stagioni precedenti, giunge a suggello di un periodo, di una fase specifica della pittura dell’artista che, solo quando ritiene che una esperienza sia giunta a piena maturità ed ormai volga al termine, sente il bisogno di proporla e di darle un ordine, un nome, uno spazio nel suo percorso espressivo.

Serafini parla per Amadori di «nomadismo», in questo trovandosi d’accordo con Franco Solmi, con me e con tutti coloro che fino a quel momento — e poi sempre, in seguito — hanno colto il senso di «work in progress» del suo lavoro.

Ora il cammino dell’artista lo porta a ridare un corpo e un peso a quegli stessi tagli architettonici, a quegli stessi angoli di paesaggio che per qualche anno sono sembrati solo fogli trasparenti, incisi, disegnati, colorati e poi appesi all’aria e attraversati dal sole.

Qui ritorna il colore, ritorna la profondità e l’illusione prospettica. Ma le ville palladiane, i frammenti senza tempo, i capricci non sono più immobili nella luce piena di un pomeriggio abbacinato dal sole.

Il canto di terre non ancora esplorate giunge come un vento leggero ad arricchire con un «elemento irrazionale la generale regolarità» (sto parafrasando un titolo dell’artista). È come avvertire il fruscìo dell’ala di un angelo: non si vede nulla e neppure si sente alcun rumore, ma la presenza ci ha sfiorato e il cuore ha battuto un palpito in più.

Le nuove immagini si nutrono di questo suono e di questa presenza, e riannodano il filo che sotterraneo li unisce a quelle prime figure di signore velate, sviluppandone il senso del mistero e lasciandosene total­mente pervadere.

L’artista è maturato e la sua pittura tocca ora un punto-chiave di sobrietà e di espressività negli amorini spezzati, nei tempietti nascosti al centro del labirinto. nei sonni di pietra, turbati da sogni d’aria, tutti «frammenti senza tempo» che, a ben guardare. sono al contrario frammenti del tempo, particelle isolate e per un attimo bloccate di un fluire inarrestabile.

                                                                                                                        Marilena Pasquali

 

Somnium Occidentale