PRESENTAZIONE

a cura di Marilena Pasquali

 

Carlo Amadori dipinge da oltre trent’anni. Certo non ha fatto solo questo ed anzi dal 1986 ad oggi ha saputo dare un corpo e molte voci alle sue intuizioni ed ai suoi amori, grazie alla creazione di "Abitare il Tempo", salone ormai affermatissimo di design e di architettura d’interni, di cui egli è non solo l’ideatore ma anche l’ani­ma e il motore primo.

Eppure la pittura è rimasta in lui, come linfa che porta nutrimento ad ogni altra avventura, anche la più interessante e appagante, ed ancor oggi scorre come un corso d’acqua che per un certo tratto scende copioso, poi scompare per dissetare le terre che lo racchiudono, ed infine ritorna alla luce con rinnovata ricchezza di ritmi e di profumi.

Amadori è uomo attento, curioso e ricco di interessi.

Si guarda attorno con occhi aperti e mente disponibile ed in tal modo coglie via via le linee di fondo e le possibili varianti di un momento culturale.

Pur salvaguardando la propria personalità e senza mai perdere il filo conduttore del suo pensiero, egli è capace di aprirsi agli stimoli ed alle possibilità di mutamento e di sviluppo che una situazione gli può offrire.

Non è una qualità da poco, soprattutto perché rivela una tenuta culturale notevole, una sensibilità acuta ma non gelosa delle proprie prerogative, una concreta capacità di accettare il mondo per quello che è senza per questo dover rinunciare ai propri sogni.

E la pratica della pittura ha aiutato molto Amadori, gli ha offerto il terreno più congeniale per lo sviluppo del suo personalissimo mondo di immagine: forma mentale prima, figura fisica di materia e colore poi.

Col passare degli anni l’impeto giovanile - l’insofferenza, la critica, la denuncia di un mondo in cui sembra non esserci più posto per il sogno e la bellezza - si affina e diviene equilibrio di ragione e sentimento con l’aiuto della esperienza e della cultura: tanta arte e, ancora, lettura di poesie, ascolto di musica, viaggi e incontri.

Fondamentale per il delinearsi della sua personalità artistica è la scoperta del mito con le sue trame risplendenti (anche la fiamma di Proserpina nell’Ade risplende e riscalda) e le sue comunque inattese metamorfosi.

La luce perenne del mito rende più dolce la nostalgia per ogni Eden perduto, per tutte le Età dell’Oro mai vissute, per i Paradisi che non verranno.

E rende possibile il fare arte, il sognare immagini e rappresentarle sulla tela o nel marmo.

Nel grande filone della riscoperta del mito - si pensi a quanto ha segnato la cultura italiana negli anni Ottanta un libro come “Le nozze di Cadmo e Armonia” di Roberto Calasso o la traduzione dei saggi di Kereny, Otto, Hilmann, Campbell e di quelli degli studiosi del Warburg Institute di Londra -  Amadori trova una propria collocazione e si ritaglia una propria nicchia, perché la sua arte non è tanto citazione differente di altre immagini d’arte quanto, e soprattutto, racconto mitico sub specie di pittura.

Un problema assilla l’artista e diviene il tema centrale della sua ricerca: la rappresentazione, lo sfasamento, la riconquista del tempo, dimensione che egli avverte come unitaria, onnicomprensiva e circolare. Il tempo come luogo del profondo, come cuore pulsante del tutto, il tempo dell’uomo - che è la Storia -  e quello dell’interiorità, della coscienza, o - se si vuole - dell’Essere, che si può sperare di sfiorare solo con la Bellezza, e forse proprio con il Mito.

Per questo l’artista in ogni sua opera indaga i percorsi del tempo, lo scruta, lo insegue, lo corteggia, lo provoca, vi si insinua con le sue creature di colore, in qualche modo lo trasforma, fino a conquistarsi il diritto di «esserci», di «abitarlo» (quanto sono importanti questi basilari concetti di Heidegger per Amadori!).

In questo tempo tutto suo di trent’anni di vita e di attività, l’artista si è costruito, rinnovato e persino ritrovato, procedendo per cicli, per stagioni - come la natura, si potrebbe osservare - ed impostando tutto il suo lavoro sulla ricerca del centro del labirinto, ogni volta scegliendo passaggi di­versi, avventurandosi per strade sconosciute che si intersecano con i sentieri già tentati e li trasformano.

I livelli temporali sembrano convivere con le loro specifiche diversità, in una compresenza che è di fatto un assoluto presente, un comprendere tutto nello stesso alveo di coscienza e di consapevolezza (quante volte ritorna questo prefisso «con», che indica comunque uno stare insieme, un non prescindere dall’altro da sé, un voler dividere ogni cosa che conta con gli altri

 Per rileggere la sua pittura di trent’anni, proviamo, insieme a Carlo Amadori, a ripercorrere le strade che egli ha percorso e ad oltrepassare, ancora una volta, le soglie oltre le quali egli si è avventurato. Insieme a lui ne troveremo altre.