CARPE DIEM
1985-1988
Dopo
altri tre anni, nel 1988. giunge puntuale come sempre l’appuntamento con le
nuove opere di Amadori. Questa volta sono Ugo La Pietra ed Enrico Crispolti a
parlarne. sottolineandone il primo la «decontestualizzazione» ed il secondo l'"insistere
sul tempo" che son propri all’artista.
Ecco
dunque messo a fuoco uno degli snodi centrali della sua ricerca, il suo caparbio
e continuato cercare un rapporto possibile fra la dimensione dello spazio — e
qui, quasi per istinto, egli sceglie la via dello «spaesamento» — e quella
del tempo per cui la scelta si orienta su un eterno presente, un labirinto
orizzontale, tutto percorribile ma tutto intessuto di inganni, di false piste,
di ritorni. di vicoli ciechi, di improbabili aperture.
E.
al di sopra del giardino segreto (e in ogni dipinto di Carlo) si spalanca
l’azzurro del cielo, luogo in cui spazio e tempo si fondono in un’unica
dimensione della mente e dello spirito.
Carpe
Diem
è il titolo di un quadro del 1986-’87 e dell’intero ciclo, ma forse
l’opera più convincente è Il convito degli dèi, proprio
per la sua capacità di mettere in luce l'inconsistenza fisica dei fantasmi del
mito e la loro pregnanza simbolica, il loro essere pura proiezione della mente e
del cuore.
Non
sono opere piacevoli, queste di Amadori. anzi lasciano qualche amaro in bocca
perché nell’incanto di un angolo di paradiso la figura di una adolescente che
avanza danzando, o la sfinge immota nel suo sonno di pietra. o il frammento
marmoreo accarezzato da
un’ombra di malinconia, rivelano ad uno sguardo attento il loro essere soltanto
«fantasime», desideri, progetti (cioè qualcosa di gettato avanti, fuori e
davanti a sé) proprio come le architetture per giardini ideali che fanno loro
da sfondo.
È
un imbarco per Citera che l’artista avverte come impossibile; è un giardino
di Apollo di cui egli, come tutti noi, non sa più trovare la chiave; è, per
riassaporare un verso di Rilke, «un’orma di nuvola».
Per il nostro pittore la nostalgia si trasforma in malinconia, in desiderio inappagato di bellezza e di vita nella bellezza. Non gli resta che il sogno: sogna, sapendo di sognare; e ne fissa l’immagine sulla tela con i suoi strumenti di giocoliere dello sguardo, di cantastorie della visione.
Marilena Pasquali
I grandi temi "messi in scena"