ABITARE IL TEMPO
1986-1999
Nel 1986 comincia per Amadori un’esperienza fondamentale a livello umano, artistico e professionale, con l’ideazione e l’organizzazione del primo salone di «Abitare il Tempo», all’inizio definito semplicemente come «manifestazione di arredo» e poi via via, edizione dopo edizione, divenuto punto di riferimento ineludibile per coloro che si occupano o si interessano di design, di progettazione e di architettura di interni. I primi anni, in particolare, sono caratterizzati da un vero sforzo di elaborazione e puntualizzazione teorica, così da offrire solide basi al felice incontro fra «l’alto artigianato italiano, in prevalenza di ispirazione classica» e «la cultura degli autori, siano essi designers o artisti». Amadori — a cui si devono queste parole, tratte da un impegnato testo del 1995, scritto in occasione della decima edizione del salone veronese — partecipa in prima persona alla fase di riflessione e consolidamento teorico del suo progetto, invitando al suo fianco designers, architetti e artisti del calibro di Piero Fornasetti, Bruno Munari, Paolo Portoghesi, Ugo La Pietra, Adolfo Natalini e Francois Burkhardt; storici dell’arte e studiosi come Maurizio Calvesi, Marisa Vescovo, Enrico Crispolti, Vittorio Fagone e Isa Tutino Vercelloni; filosofi ed estetologi quali Gianni Vattimo, Fulvio Carmagnola e Maurizio Vitta. Ne nasce un’avventura esaltante che va progressivamente rafforzandosi, anche in presenza di momenti di crisi e duri attacchi, e che si definisce sempre più come palestra d’incontro fra raffinata progettualità d’avanguardia e altissima manualità esecutiva, figlia della tradizione e della conoscenza dei materiali che ancora esiste e resiste in Italia. Anno dopo anno, «Abitare il Tempo» si fa apprezzare sempre più come luogo aperto alla riflessione e alla discussione su temi quali la possibile esistenza e creazione di «oggetti con sentimento d’anima», di un «sentimento del tempo» o della «sensibilità dell' ambiente. mentre mostre e convegni specifici vengono dedicati ad argomenti quali, fra gli altri, «Il concetto di classico», «Virtuosi decori», «Ornato, progetto e destino», «il Neo eclettismo». Per la sua preziosa creatura Amadori lavora senza sosta, unendo pittura e progetto. ideazione e disegno in una visione globale del fare arte e fare cultura: realizza allestimenti open space con i suoi frammenti di calchi ingigantiti; costruisce gazebo fatti d’aria e di fil di ferro e oggetti d’uso tratti da modelli antichi reinventati seconda la tecnica patchwork del post-moderno; alza sghembe «porte dei leoni» o teorie di bianchi fantasmi di gesso come ingressi trionfati. E, insieme a tutto ciò, come inserimento spontaneo che arricchisce sia l’ambiente che l’opera, pone suoi singoli dipinti ad abitare gli spazi da lui stesso o da altri progettati. Divengono in tal modo attori delle mostre e degli allestimenti, nelle varie edizioni del salone, dipinti quali Alla scoperta di uno spazio ideale (1986), Alla ricerca di equilibrio fra essere e tempo (1988), La notte e il giorno (1989): a proposito di questo dipinto, scrive l’autore: «Sono alla ricerca di una forma di umanesimo che possa far “rinascerere lo spirito dell’età classica attraverso una categoria dello spirito”», L’ eternità delle nostre emozioni (1988-89), La città ideale (1990. Essere e tempo (1992).
Marilena Pasquali
Abitare il Tempo - Le ragioni, la nascita e lo sviluppo di una fiera per la cultura dell'Abitare