DEDICATO A MIO ZIO
1978-1980
Amadori
dipinge questo grande quadro per una mostra che si tiene a Forlì nel 1980, in
un momento in cui sembra che il fare arte possa esser patrimonio comune ad
artisti e critici, insieme. Si tenta in quei giorni di concettualizzare
l’immagine e di render creativo, e dunque più artistico, l’intervento
critico.
Carlo,
usando come sempre le sue mobilissime antenne pronte a captare ciò che di più
innovativo porta l’attimo presente, è pronto a partecipare a questo nuovo
gioco e propone una grande tela in cui si mescolano memorie personali — una
vecchia foto di famiglia un po’ ingiallita — trappole visive — lo specchio
che contiene, o riflette?, la figura — e illusioni spaziali — il quadro mima
uno spazio del passato e vive nello spazio del presente.
Ne
esce qualche cosa di unico ma di non compiutamente risolto che l’artista non riprenderà
più, forse perché troppo personale e coinvolgente o forse, al contrario, perché
troppo ludico.
Non si scherza con l’arte, che è gioco troppo serio e impegnativo per essere affrontato con leggerezza, e perciò Amadori d’ora in avanti preferirà non scoprir più le sue carte, interiorizzando ogni stimolo per rielaborarlo e restituirlo con la sola forza dell’immagine dipinta che in sé riassume ogni approccio di tipo concettuale.
Marilena Pasquali