CAVALLI

1997-2000

 

La pulizia dell’immagine resta caratteristica prima della pittura più recente del nostro artista, che, apparentemente per prendersi una pausa di riposo dopo l’impegnativa e lunga permanenza nelle atmosfere metafisiche del mito, prende a dipingere i suoi adorati cavalli, i compagni dei momenti di relax e delle avventure più esaltanti a contatto con la natura e con gli spazi aperti.

Non è cambiata la pittura, ma è cambiato l'artista, che ora preferisce utilizzare tutte le risorse tecniche ed espressive affinate in tanti anni di lavoro al cavalletto per portare in evidenza la struttura stessa, il telaio del paesaggio e di chi lo abita, uomo o animale che sia.

Il bianco mette a fuoco le parti in primo piano ed il colore, per contrasto, esalta la luminosità del fondo.

La figura pare uscire con decisione dalla superficie del dipinto, se ne distacca, ma ha bisogno dell’aria che pervade il fondo per respirare, per vivere.

In fondo, siamo ancora nei territori del mito e dell’avventura, solo che ora l’interlocutore dell’artista è la sua stessa immagine, in una sorta di autoritratto continuo, in movimento flessuoso e armonico di scena in scena, di rupe in rupe, di fiume in fiume. E una sorta di autoriflessione, nel duplice significato che questo termine comporta, che probabilmente vale per Amadori non soltanto come stacco dal quotidiano (in questo non vi sarebbe alcuna differenza con le opere precedenti) ma soprattutto come rivendicazione di una ritrovata giovinezza interiore, come un grado zero da cui poter ripartire per giocare ancora, per rimettersi ancora una volta alla prova. 

Un ultimo quadro, non finito, sta a conclusione del lungo percorso artistico che oggi Carlo ci ripresenta tutto insieme, come in una sequenza cinematografica che, seguendo le regole migliori di ogni racconto, ha un incipit, una lunga carrellata centrale a tutto campo e un ultimo flash, magari più intimista, più raccolto, di silenzioso ripensamento su ciò che fino a quel momento è accaduto.

È bello dopo il... vivere ancora. Questo è il titolo, volutamente lasciato in sospeso, di un autoritratto che pare proprio un quadro alla Dorian Gray, senza però il retroscena mefistofelico da patto con il diavolo del racconto wildiano.

Ma un aspetto scaramantico, una sorta di rito apotropaico si coglie anche in questa immagine, dalla frase non conclusa, dalla pittura volutamente lasciata in sospeso, come se dare l’ultima pennellata, apporre la firma potesse valere per l’artista come atto conclusivo.

E pure per chi, come me, conosce Carlo Amadori da tanti anni, è chiaro che anche in questo caso non di una fine si tratta, ma semplicemente, e molto più gioiosamente, della pausa di riposo prima di un nuovo inizio che saprà fugare ogni melanconia ed ogni tentazione di silenzio. 

Marilena Pasquali

 

Cavalli - Per i sentieri e le praterie dell'anima